Ho cominciato la pratica dell’Iyengar Yoga da giovanissimo,
traghettato da una esperienza precedente, molto
intensa, nel karatè, dopo essermi imbattuto nel libro
di Guruji “Teoria e pratica dello yoga” (Light on Yoga),
rimanendone folgorato. Cominciai con la sola guida del
libro, per poi studiare con Gabriella Giubilaro dal 1996 e
seguire il maestro ogni anno per due o tre mesi presso il
suo istituto di Pune dal 2003 sino ad oggi. Il processo per
acquisire la sua attenzione fu molto lungo. Era sempre
così, prima non ti considerava, valutando sornionamente
l’interesse e l’atteggiamento verso la pratica. Per me
questo fase è durata 5 anni, poi ti prendeva con sè e ti
testava. Se passavi, solo da quel momento si dedicava
fino in fondo a trasmettere il suo vero insegnamento.
Mi ha rivoltato completamente ogni volta, come se
non avessi mai compreso nulla. Qualche tempo fa
mi disse “devi andare contro l’abitudine e le tendenze
del corpo, ci deve essere un processo di trasformazione,
questo processo è graduale e avverrà solo
quando tramite volontà, osservazione e ‘ascolto’ la tua
intelligenza arriverà a controllare ogni singola parte”. Da
questo controllo armonico vengono generate le azioni,
che concatenate tra loro permettono al corpo di entrare
nella geometria ideale della posizione. A questo punto
assumere la posizione in modo meccanico o in un
processo di ascolto è la differenza tra una pratica
superficiale prettamente fisica e una pratica interiore.
Ad occhio esperto l’asana eseguita dalla stessa
persona nei due modi apparirà completamente diversa.
A questo proposito, ricordo che un giorno mi fece sistemare
dai suoi assistenti un peso sul torace di circa
15 kg e poi mi chiese di assumere la posizione dell’Arco
invertito (Urdhva Dhanurasana) e mi disse: “non assumere
la posizione con l’idea di sollevare il peso, ti risulterà
impossibile o quasi, ma ascolta ogni singola porzione del
tuo corpo a partire dalla periferia degli arti e partendo
dalla radice di ogni azione, dai punti a contatto con il
pavimento, in questo caso mani e piedi, costruisci la
catena di azioni che ti permetteranno di muoverti fino
all’assunzione della posizione finale. Procedi!” tuonò
in maniera imperiosa. Poi, vedendo che dopo qualche
tentativo fui in grado di fare più o meno quello che mi
aveva appena suggerito, rise bonariamente.
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