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Di Ajna anche definito Jnanacakṣus, occhio della Conoscenza, si parla come del ‘terzo occhio’, poiché attraverso Ajna, il praticante comincia a vedere la natura nascosta delle cose, l’essenza che si cela sotto ogni apparenza. L’Ego, già molto affievolito in Anahata, ora, finalmente, svanisce, la coscienza del praticante s’arresta, la potenzialità del linguaggio umano giunge a compimento e cessano le parole. Lo yogin la cui coscienza risiede in Ajna, diviene infatti il migliore dei muni, termine che indica ‘colui che è silente’, il saggio che trasmette il suo insegnamento senza proferir verbo.